T.I.M.E. Classificazione per WBP

Curare velocemente una ferita:
T.I.M.E. please!!

Il trattamento di una ferita deve essere personalizzato sul singolo paziente e sulla sua specifica condizione clinica, nonostante le ferite croniche possano avere diverse caratteristiche comuni. Questo dogma è alla base del moderno trattamento delle lesioni croniche. Dunque è indispensabile una corretta valutazione della ferita, individuandone: sede, durata, dimensioni, stadio e condizioni della cute perilesionale.

È possibile oggi standardizzare ed indirizzare una corretta analisi di un’ulcera, grazie alla classificazione proposta nelle linee guida mediche in materia, definita come T.I.M.E.. Il TIME permette di concentrarsi sulle tappe patogenetiche fondamentali della lesione cronica e di apportare le misure terapeutiche che servono a convertirne l’ambiente cellulare e molecolare in quello di una ferita avviata alla guarigione.

All’interno della struttura del TIME bisogna infatti valutare:

T (TESSUTO NECROTICO O DEVITALIZZATO): analizzare colore e perfusione della lesione.
La presenza di tessuto necrotico e/o devitalizzato non solo ostacola la guarigione, ma impedisce anche la valutazione delle dimensioni, della profondità della lesione e delle strutture interessate dal processo ulcerativo. La necrosi inoltre è focolaio di infezione, prolunga la fase infiammatoria, ostacola meccanicamente la contrazione della ferita e ne disturba il processo di riepitelizzazione.

I (INFEZIONE O INFIAMMAZIONE): analizzare la temperatura della ferita, il pH, l’odore, il tipo ed il grado di essudato e secrezioni. L’infezione ostacola la guarigione della ferita contribuendo alla sua cronicizzazione; la continua presenza di microrganismi virulenti porta a una risposta infiammatoria massiccia e persistente.

M (MACERAZIONE O SECCHEZZA – EQUILIBRIO DEI FLUIDI) – Bilancio dei fluidi: valutare la quantità di essudato, i margini della ferita, il colore della cute perilesionale. La disidratazione cutanea rallenta la migrazione delle cellule epiteliali, mentre l’eccesso di essudato causa la macerazione dei margini della ferita e promuove un ambiente biochimico ostile che blocca l’azione dei fattori di crescita.

E (EPIDERMIDE E MARGINI) – Bordi della ferita: misurare l’area e la profondità della ferita.
La mancata risposta agli stimoli dei fattori di crescita condiziona un arresto della proliferazione e della migrazione dei cheratinociti perilesionali, con conseguente mancata chiusura della lesione.

 Ecco un esempio pratico dell’utilizzo clinico della classificazione T.I.M.E. :

analisi della ferita:

T: 14% della lesione. Necessaria medicazione autolitica dopo debridement chirurgico.
I: la lesione presenta essudato maleodorante nell’area adiacente alla necrosi.
M: il 36% della lesione è rappresentato da tessuto fibrinico essudante. È fondamentale utilizzare quindi una medicazione secondaria in grado di gestire l’essudato, garantendo se possibile anche un’azione antimicrobica.
E: la cute perilesione appare arrossata, calda e con edema perimalleolare: segni clinici di infiammazione.

La medicazione applicata è stata quindi:
  • medicazione primaria con IDROGEL.
  • medicazione secondaria con Idrofibra all’argento.
  • leggero bendaggio compressivo con benda salvapelle e benda coesiva.
  • somministrazione di antibiotico-terapia, dopo esecuzione di tampone da ferita con specifico antibiogramma.

risultato a 60 giorni dal trattamento

AIUC – ASSOCIAZIONE ITALIANA ULCERE CUTANEE ONLUS

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